Storia delle case di accoglienza

Nel 1988, dopo il trasferimento di Don Domenico Crucitti, nella guida dell’Istituto Don Orione subentrava Don Antonio Bianco, il quale dopo pochi mesi ci riferì di voler chiudere il servizio ai senza fissa dimora da loro fondato. Subito i volontari mi invitarono a prendere tale responsabilità. Così sono diventato coordinatore della Casa di accoglienza per SFD.

Inizia così la nostra grande avventura.

Dopo pochi anni, negli incontri di verifica e programmazione vennero esaminati i bisogni di una casa di accoglienza residenziale che desse la possibilità ad alcuni degli ospiti più assidui di beneficiare di una dimora (da alcuni di loro più volte richiesta). Ebbe così inizio una febbrile ricerca.

Parroco ad Altolia e Molino (1984-2003), più volte avevo notato quasi sulla Statale, all’altezza di Galati S. Anna, un vecchio fienile adibito a deposito di bottiglie, proprietà della Congregazione delle Ancelle Riparatrici. Dietro richiesta dell’Arcivescovo, tale costruzione venne concessa in comodato gratuito alla Caritas Diocesana. L’Ing. Antonino Barone, ne curò da volontario la progettazione e la direzione dei lavori di ristrutturazione.

Il quotidiano locale (Gazzetta del Sud) coinvolse i cittadini e formulò diverse richieste di contributi. Vennero organizzate giornate diocesane di raccolta fondi. Si raggiunsero privati. Anche nelle scuole cittadine si condusse opera di coinvolgimento. Si è voluta fare una casa “bella”, con il suo soggiorno – pranzo, cucina, lavanderia, ripostiglio, zona notte con camere da letto a 2 o 3 posti, arredamento scelto ad hoc e offerto dall’Ordine di Malta, giardino e orto.

Ricordo con commozione l’inaugurazione avvenuta il 12/06/1991: tantissima gente, soprattutto dalle parrocchie limitrofe, tanti preti, il 15 Vescovo celebrò l’Eucaristica, i primi 3 ospiti erano felici di prendere possesso della loro casa. Inizialmente tutto era gestito da vecchi e nuovi volontari (si erano fatti tanti incontri nel territorio di Galati per sensibilizzare le comunità parrocchiali a mettersi in gioco) che, con impegno e continuità, facevano da supporto a quegli “ospiti” che iniziavano la convivenza e la gestione della casa. Sin dall’inizio si programmava e si verificava il lavoro svolto o da svolgere con incontri settimanali con tutti i volontari e con la suora che collaborava (Suor Anna della Suore Francescane dei Poveri). Sempre settimanalmente si teneva l’incontro di famiglia (perché questo volevamo essere) con tutti i residenti, per raccontarsi e aiutarsi reciprocamente ad una convivenza fraterna dove l’altro non è il nemico da cui guardarsi ma l’amico con il quale crescere.

La condivisione di quello che si è e di quello che si ha diventava stile di vita: tutti a donarsi nei limiti o nella generosità possibili. Feste, anniversari, compleanni, vengono vissuti con grande gioia. Cinema, pizzerie, scampagnate, vacanze estive comunitarie, rafforzano sempre più i legami tra chi vi abita e chi volontariamente ne è a servizio.

Socio fondatore della Comunità Faro, cooperativa che si interessa dei tossicodipendenti, spesso venivo sollecitato a prendermi carico di ragazzi senza famiglia che volevano iniziare un cammino di riabilitazione nella prima fase dell’accoglienza. Dapprincipio insieme ai parrocchiani cercavamo di soddisfare tali richieste nella canonica di Altolia. In seguito, con l’apertura di Galati la mansarda venne adibita a tal fine.

Lo stare insieme diventava ricchezza per l’uno e per gli altri (integrazione tra SFD e giovani tossicodipendenti). Era significativa integrazione, nel rispetto della diversità e nell’auto-aiuto, cercare rapporti che andassero al di là della convivenza temporanea (ancora oggi tanti ex giovani vengono a trovare gli ospiti della casa). Oggi, l’accoglienza di detenuti in permesso premio o in misure alternative, è per i residenti della casa di accoglienza, stare vicino a persone con vissuti delicati che tentano un recupero personale e familiare.

Assistente volontario nel Carcere di Messina (1991) ho la possibilità di attenzionare quanti, soli, non fanno colloqui per un sostegno. Per una sistemazione alternativa al Carcere, diamo la disponibilità, ove possibile, di un collocamento in comunità. Ciò in accordo con l’autorità giudiziaria per verificare i comportamenti dei detenuti prima di concedere loro benefici particolari. Si lavora in sintonia con gli educatori del Carcere, con il Tribunale, con il Tribunale di Sorveglianza e con il Servizio Sociale Adulti. I risultati sono oltremodo significativi: famiglie che si ricompongono, figli che riallacciano rapporti con i genitori. Insieme con i volontari sentivo ancora un bisogno: una casa che facesse da filtro tra la piena residenzialità e la prima accoglienza; una casa di accoglienza a bassa soglia, dove l’ospite potesse (aiutato dagli operatori e dai vari servizi) riflettere e scegliere ciò che più gli fosse adatto. La disponibilità delle Piccole Sorelle dei Poveri di una villetta arredata in Via Emilia 25 ce ne fornì la possibilità.

Nasce nel 1994, la casa di accoglienza “Jeanne Jugan”. Ne diventano ospiti, in attesa di luoghi più idonei, dimessi dall’ospedale psichiatrico, giovani sbandati, tossici in attesa di intraprendere un cammino, baraccati di Maregrosso, stranieri ed extracomunitari. Questa casa, dopo lo sfratto della “storica” sede del Viale Europa, è diventata la casa di prima accoglienza per senza fissa dimora. Le suore cappuccine del Sacro Cuore, avendo dovuto chiudere la casa di accoglienza per ragazze madri di Giampilieri marina, da loro ristrutturata e gestita per anni, ci chiesero di riaprirla. I servizi sociali della città più volte si erano espressi in tal senso. Così iniziava una nuova storia (1995) con l’accoglienza di gestanti e ragazze madri. Quante volte, dietro la porta della sala parto o accanto al ginecologo, abbiamo sperimentato la gioia per una vita che viene alla luce. Con il sostegno dei collaboratori abbiamo aiutato queste mamme nell’accogliere i figli o nel darli in adozione, nel prenderli personalmente in braccio e allattarli con il biberon in neonatologia. Vederli crescere, festeggiare i primi compleanni, e accompagnarli presso le famiglie affidatarie, trascorrendo con loro un periodo diurno e notturno, affinchè non avessero traumi, costituiva per noi una grande gioia.

Ho lasciato l’insegnamento dopo 17 anni di servizio per un bambino a me affidato. Avendo potuto prendermi l’aspettativa, non ho più continuato l’insegnamento. Mi vengono in mente le notti insonni, per la paura che gli succedesse qualcosa (si dormiva con la luce accesa e per me era un gran sacrifico, in quanto amo il buio). La mia memoria custodisce le sensazioni che provavo nel vedermi da lui guardato con quel sorriso sulle labbra quando, svegliandomi, mi dava il buon giorno. E quanti altri ricordi. La frequenza del tribunale dei minori ci ha dato la possibilità di essere sollecitato a creare qualcosa per i minori a rischio. Più volte la Dott.ssa Natoli, Direttrice ai Servizi Sociali minorili del tempo, ci presentava casi di giovani che per motivi giuridici finivano in altre città o in carceri minorili per mancanza di strutture a Messina.

Incominciammo la ricerca. Portato a Forte Cavalli da un volontario di Mili Marina mi si presentarono dei ruderi (ex dormitorio, torretta di controllo e una piccola postazione) con una vista mozzafiato su Messina, lo stretto e con tanto spazio attorno. Prima di contrattare con il proprietario ho chiesto consigli. L’Ingegnere Barone, uno dei nostri primi volontari, da me condotto sul posto mi disse che ero pazzo (le ruote slittavano per la ripidità del viottolo), mentre, la Dott. Natoli e il Vescovo Ausiliare Mons. Miccichè mi sollecitavano a proseguire nell’intento. Messomi d’accordo con il proprietario dei ruderi e del terreno per la somma di 170.000.000 di lire, non sapevo dove trovare tanto denaro. Presentando ad un ristretto numero di volontari il problema, li ho invitati, se si sentivano, a portare i loro risparmi da mettere insieme. Sul mio tavolo, quella sera, c’erano 173.000.000 (anche i soldi per il notaio). Che Provvidenza!!! Donata alla Diocesi, con il grande contributo della Caritas Diocesana, voluta da Mons. Ignazio Cannavò, in più tappe si potè realizzare la casa di accoglienza di Mili: 4 ettari di terreno (1 coltivato) e una struttura con 17 posti letto, la nostra piccola Azienda Agricola (mucche, cavalli, molte razze di avicoli, pecore, daini, oche, conigli) per far sperimentare ai nostri ragazzi la fatica del lavoro e l’impegno.

Il bisogno di verificare il cammino socio lavorativo dei nostri ragazzi ci spinge, aiutati dalla generosità della Signora Veronica De Monte, che dona alla Diocesi una casa sita a Panarea e ristrutturata dalla Caritas Diocesana, a inserirci nell’isola. Ampi saloni a giorno, sala pranzo, sala tv, cucina e bagni, occupano il pianterreno, mentre al primo piano stanze da letto, servizi e lavanderia. Dopo le difficoltà iniziali (non accettazione sull’isola Vip) oggi si è stimati e rispettati. Diversi sono i turisti residenti che chiedono la sistemazione delle loro ville (pitturazione, giardinaggio), i ristoranti che impegnano i ragazzi per servizi di cameriere o lavapiatti e, in inverno, per manovalanza. La scuola di Panarea, a misura d’uomo, è la possibilità per i nostri ragazzi di riprendere la scuola d’obbligo. I ritmi meno logoranti presenti in questa casa ci danno la possibilità (fuori del periodo estivo) di riordinare personalità schizzate e poco educate alla socialità. La casa, per alcuni isolani, nel tempo, è stata punto di riferimento e di aiuto grazie al personale qualificato in essa presente (colloqui, aiuto psicologico e possibilità di confronto). Ha dato anche in loco l’opportunità di corsi scolastici per la presenza dei nostri ragazzi che ha fatto lievitare il numero degli studenti. La casa di accoglienza di Molino (casa canonica ristrutturata e adeguatamente attrezzata) nasce, in un primo momento, per le ragazze madri e le minorenni (si attendeva il completamento della costruenda casa di Giampilieri) e successivamente diventa casa soltanto per i minori. Adesso la struttura è ritornata in uso alla parrocchia.

Il centro polifunzionale “Villa Antonia”, fortemente voluto e realizzato dalla Dott.ssa Giorgianni, nostra storica volontaria dell’Associazione e attualmente vice presidente della Cooperativa sociale, a Roccavaldina (ME), in contrada SS. Salvatore, è destinato, principalmente, al recupero di giovani, anche con problemi psichici, attraverso interventi alternativi. Novità sono i gruppi appartamento. Nel tempo ne abbiamo realizzati quattro: due a Giampilieri marina, per ragazze madri, e due a Camaro Inferiore per giovani e famiglie che, avendo fatto un cammino di riabilitazione, vengono sostenuti per un pieno inserimento nella società.

Alla fine del 2010, un’altra grande scommessa prende forma grazie, ancora una volta, alla generosità ed alla stima delle suore Cappuccine del Sacro Cuore. Sono loro che, forti di una ormai consolidata collaborazione, ci offrono la disponibilità di una piccola palazzina, sita a Roccalumera, adibita in precedenza a scuola ed al convitto. È lì che decidiamo di progettare un polo sociale a servizio del territorio: al piano secondo, grazie alla generosità della Caritas di Messina, è stata realizzata una comunità alloggio per minori, già iscritta all’Albo regionale; al piano primo procedono i lavori per la realizzazione di una casa di accoglienza per persone in stato di disagio; al piano terra, oltre ai laboratori e a dei locali per gli incontri, dovrebbe nascere un centro sociale aperto al territorio.

L’ultimo risultato raggiunto riguarda sempre i senza fissa dimora. Da anni, ormai, cercavamo un posto vicino alla stazione per realizzarvi dei servizi a bassa soglia. Grazie alla nostra consolidata presenza alla stazione veniamo a conoscenza di altre realtà che, a livello nazionale, erano riuscite ad ottenere dei locali delle ferrovie per realizzare delle attività sociali: da subito ci mettiamo all’opera, cercando di coinvolgere il più possibile gli enti territoriali (ferrovie, Comune, Caritas, ecc.). Ci sono voluti degli anni: tanti sono stati i sacrifici affrontati, gli incontri realizzati, le defezioni, i locali visionati, i progetti fatti e non realizzati …. Alla fine, grazie sempre alla collaborazione della Caritas di Messina, alla nostra caparbietà ed alla generosità di tanti enti importanti siamo riusciti a far dare in comodato alla Caritas dei locali siti alla stazione centrale di Messina, che sono stati ristrutturati ed arredati grazie alla Fondazione Enel Cuore e ad Ikea. Adesso questi locali, gestiti dalla nostra Cooperativa, sono destinati a centro diurno ed help center.